Settimo comandamento: non rubare!

Articolo di Maria Maddalena Ferrari e Michele Perillo

L’etologia delle altre specie animali, le religioni e le varie forme di diritto che regolano gli Stati sono concordi nel condannare il furto e perfino l’intenzione di commetterlo. Non rubare (almeno non all’interno della comunità di appartenenza, come praticano certe popolazioni nomadi) né desiderare di farlo (almeno non palesemente) sono regole che riducono le tensioni sociali, mantengono la solidarietà e ottimizzano la disponibilità totale di risorse stimolando la ricerca/produzione di nuove.

 Ma allora perché da sempre molti animali e alcuni uomini rubano e mentono ai propri simili e nessuna specie né cultura né organizzazione è mai riuscita ad eliminare totalmente i ladri?

L’evoluzione ha adottato l’onestà perché vantaggiosa nella competitività della specie e per diffonderla l’ha resa istintivamente gratificante per la maggioranza dei soggetti, (ci si sente molto felici a “comportarsi bene”). Il derubato reagisce con un viscerale bisogno di vendetta del sopruso (che spiega i casi di eccesso di legittima difesa in risposta a effrazioni) e la ferma volontà di rientrare in possesso del maltolto. Mentre l’onesto rispetto della proprietà altrui per diritto di precedenza favorisce in tempi di normalità la prosperità della comunità, riduce i conflitti e incrementa alla lunga la disponibilità di risorse per tutti, in caso di catastrofiche calamità, guerre o carestie possono essere invece avvantaggiati gli accaparratori che praticano il latrocinio, che così potrebbero sopravvivere e tramandare i propri geni (tra gli animali) o la propria etica tra i discendenti.

Quindi ruba soltanto chi, consciamente o no, sa o teme di non potersi procurare i beni con le proprie forze oppure chi è affetto da patologie psicologiche (es. cleptomania). C’è anche, naturalmente, chi è costretto dalla necessità che però in questo caso non sfugge al rimorso.

Rubare è un atto di pseudospeciazione, secondo Eibl-Eibesfeld, perché il derubando è considerato privo di parità di diritto alla proprietà e all’empatia, come se appartenesse a un’altra specie, una “razza” estranea e/o inferiore. 

Il furto può assumere la forma di rapina con la forza o di sottrazione con destrezza, ma anche quella più sottile, solo apparentemente meno grave ma sostanzialmente analoga, della deliberata non restituzione al legittimo proprietario di oggetti smarriti rinvenuti, oppure ricevuti in custodia, in prestito e non restituiti, magari anche avvalendosi di raggiri, rinvii e cavilli di tipo giudiziario.

La rivista Mind riporta un’interessante inchiesta congiunta delle università di Zurigo, del Michigan e dello Utah con la quale si è accertato che gli oggetti smarriti (portafogli, somme di denaro, oggetti di valore) vengono restituiti al proprietario con frequenza crescente col loro valore, anche se non è chiaro se ciò accada perché chi li ha rinvenuti si rende maggiormente conto del danno ingente inflitto al proprietario o per la speranza che una qualche forma di ricompensa possa ripagare il “mancato guadagno” della non restituzione o, infine, perché il grosso bottino fa temere ricerche più attive e si paventano quindi più alte probabilità di essere scoperti. L’onestà ha perciò un prezzo per ciascuno? Dipende dai valori in gioco? Il diritto di proprietà si affievolisce col tempo, l’anonimato fa affiorare tendenze asociali e debolezze psicologiche alimentate dal senso di impunità? Domande alle quali è stato finora difficile trovare le risposte e quindi debellare la disonestà.

1 SETON, Ernest, The Natural History in the Ten Commandments, Schribners, New York, 1907.
2 Lo psicologo Jonathan Haidt, dell’Università di New York, ha individuato i cinque moduli principali che sarebbero poi diventati le norme basilari delle religioni e delle leggi: presa in carico del più debole (solidarietà), equità e reciprocità (rispetto del diritto di proprietà, della precedenza, ecc.), lealtà al gruppo (accettazione e difesa delle sue regole e divieti, usanze e identità, condanna dell’apostasia e della diserzione), rispetto per l’autorità (regolazione delle dispute interne per le risorse e per il rango, polarizzazione delle forze verso l’obiettivo comune), purità (esclusione degli estranei, degli eretici e dei “peccatori”, repulsione per i diversi, gli accoppiamenti inter-razziali, i mutanti, i deformi, ecc.). vds OVADIA, Daniela, “Alle origini del senso morale”, in Mente & Cervello, n.94, p.34, Le Scienze, Roma, ottobre 2012.
3 EBL-EIBESFELD Ireneus, Etologia umana: le basi biologiche e culturali del comportamento, Bollati Boringhieri, Torino, 1993.
4 CAMPAGNA Irene “L’onestà è questione di portafoglio?”, Mind n.176, p.19, Le Scienze, Roma, agosto 2019.
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