Le ricerche ci dicono che le persone sono più felici in ambienti naturali che nelle sovraffollate aree urbane, dove perfino il tasso di asocialità e di criminalità si aggrava quanto più vi è penuria di aree verdi.
Nonostante sia un fatto ormai ben noto a tutti, anche la gran parte di coloro che possiedono parchi e tenute o case col giardino con una bella vista sulla natura, ormai trascorrono più tempo al chiuso e al telefono che a passeggiare all’aria aperta. Il sistema di vita dei paesi industrializzati è tiranno, così noi e i nostri figli usciamo sempre meno. Le persone che non passano sufficiente tempo a contatto con la natura vengono però spesso colpite da quello che è stato definito da alcuni scienziati “Disturbo da Deficit di Natura”, una sindrome deprimente che li affligge perché i loro neuroni cerebrali non sono sufficientemente stimolati dall’utilizzo contemporaneo di tutti e cinque i nostri sensi, come dovrebbero.
Il termine ‘biofilia’ (coniato da Wilson[1]) indica l‘amore per il mondo vivente, che si è evoluto nell’uomo come strumento innato di comprensione e sopravvivenza nel suo ambiente, per sapere quali cibi mangiare, come trovare riparo, da cosa difendersi, cosa gli serve per sentirsi sicuro e sereno e recuperare energia. Ecco perché per rilassarci cerchiamo luoghi immersi nella natura.
Siamo fatti per vivere all’aperto e lì ci sentiamo a nostro agio. Negli alveari soffocanti delle nostre città, la moderna architettura etologica cerca di riprodurre nelle nostre abitazioni i requisiti della grotta primordiale: un antro protetto da una solida parete ripida e da un tetto, che circondi e difenda le spalle, aperto frontalmente su una radura che offra un campo di vista più ampio possibile e sia cinta da alberi e cespugli che promettano cibo vegetale e ospitino potenziali prede. Oggi i muri fungono da pareti della caverna, i balconi simulano la radura, i vasi e le cassette dei fiori tentano di surrogare il bosco.
Camminare in una vera foresta anziché in contesti urbani è però un’altra cosa. Già dopo pochi passi cominciano a ridursi i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress), rallentano l’attività del sistema nervoso simpatico e il battito cardiaco, cala la pressione sanguigna, migliora l’umore e si abbassano i livelli di ansia. Le sostanze aromatiche volatili e il profumo gradevole degli alberi stimolano la produzione delle cellule killer (cellule NK) con le quali il nostro sistema immunitario combatte le infezioni. In un esperimento è stato fatto respirare ai partecipanti l’odore di olio di cipresso e questo è bastato per incrementare del 20% la produzione di cellule NK. Anche il solo odore di una foresta è perciò curativo. Ecco perché la qualità dell’aria è fondamentale per il nostro benessere psichico oltre che fisico.
Perfino la creatività aumenta dopo pochi giorni trascorsi muovendosi in ambiente naturale: “Tutti i più grandi pensieri sono concepiti mentre si cammina”, sosteneva Friedrich Nietzsche.
Muoversi all’aperto in un ambiente naturale è quindi la migliore condizione per esercitare attività sportive, ludiche e formative. Sentirsi bene e a proprio agio favorisce l’attenzione e stimola la curiosità, distrae dai problemi quotidiani e predispone all’apprendimento. Sono queste le ragioni che spiegano l’efficacia dell’addestramento e dell’insegnamento all’aperto con tecniche come l’Outdoor Training (come già i filosofi socratici peripatetici avevano intuito più di duemila anni fa) e sostengono la validità di approcci psicoterapeutici come quello dell’Outdoor Therapy ®.
[1] Edward O. WILSON, Biofilia, Mondadori, Milano, 1985.