La claustrofobia, paura degli spazi stretti ed angusti, è considerata, tra le diverse fobie, quella più diffusa, soprattutto in contesti urbani (https://www.stateofmind.it/tag/claustrofobia/).
In letteratura troviamo diversi spunti di autori che riflettono sul tema proponendo un punto di vista paradossale: la claustrofobia non è un deficit, ma una forte spinta interna verso ciò che esiste oltre le pareti o grate, o celle, di natura fisica, emotiva o relazionale che ci opprimono.
Tralasciando questa visione prettamente letteraria, esistono criteri specifici per diagnosticare questa tipologia di disturbo (DSM V).
Una volta stabilito con certezza che si tratta proprio di claustrofobia, nella pratica terapeutica si procede con il definire un progetto di intervento, condiviso con il\la paziente per poi renderlo operativo.
Il metodo più efficace per il trattamento delle fobie è l’Esposizione in Vivo con prevenzione delle Risposte (EPR), un metodo mutuato dalla Terapia Comportamentale che consiste nell’esporre il paziente alle situazioni fobiche previo addestramento alla gestione delle risposte emotive, il tutto programmato con un’esposizione, ragionata in quanto a tempi e modalità, a seconda del grado di competenza dell’individuo nella gestione emotiva.
I passi di cui si compone questo processo sono essenzialmente 5:
- individuare situazioni specifiche in cui il\la paziente avverte sintomi claustrofobici;
- riconoscere e prendere consapevolezza delle risposte emotive (psicoeducazione);
- training per la gestione di questi stati interni (esercizi di rilassamento, mindfulness etc…);
- EPR;
- Controllo e verifica dei risultati.
Il principio che guida l’applicazione dell’EPR è che se uno stimolo ci spaventa, tenderemo ad avere una risposta comportamentale di evitamento, ovvero faremo di tutto per non trovarci in quella situazione-stimolo, il che compromette la vita degli individui anche in modo grave; se invece impariamo che, gestendo in maniera più funzionale la paura, possiamo considerarci in grado di fronteggiarla e accedere a comportamenti più funzionali, il ventaglio di possibilità comportamentale si espande, restituendoci la libertà di “movimento” emotivo, mentale e relazionale di cui abbiamo bisogno per condurre una vita interna sana.
Si tratta, in fondo, di un apprendimento come tutti gli altri che impariamo nella vita, l’esposizione è un mezzo per apprendere memorie antagoniste a quelle che causano determinati sintomi e patologie psicologiche, dunque memorie “inibitorie”. L’esposizione non cancella la memoria originaria di paura, ma forma una nuova memoria capace di interferire con l’espressione di quella originale.
L’Outdoor Therapy® seguendo questo principio dispone dell’esclusiva possibilità di affrontare questa sfida in luoghi suggestivi e allo stesso tempo adatti all’EPR per la claustrofobia (Roma Sotterranea, le vie cave etc..), affiancando la\il paziente a Psicoterapeuti Outdoor Therapist e Guide certificate con una formazione specifica in Outdoor Therapy®.