Bello bello bello…bello in modo assurdo

Articolo di Maria Maddalena Ferrari e Michele Perillo

Da secoli si dibatte se sia bello ciò che è bello o se sia bello ciò che piace. Quesito senza risposta, con filosofi ed esteti schierati per una concezione o per l’altra. Oggi, finalmente, la psicologia evolutiva e le neuroscienze cominciano a intravedere la soluzione.

 L’attributo bello che noi assegniamo alle cose, infatti, sembra essersi delineato nel corso dell’evoluzione per scopi pratici e quindi ai fini della sopravvivenza. Per esempio, un cavallo dal manto lucido, i muscoli evidenti e torniti e l’atteggiamento vivace ci appare bello perché mostra i segni della buona salute e dell’efficienza, mentre il pelo ispido e opaco, il ventre grosso, la spina dorsale insellata e l’aria abbacchiata appaiono brutti anche all’inesperto di equitazione. Il fiore afflosciato e appassito ci sembra brutto, mentre troviamo bello quello aperto e dal colore intatto, poiché inconsciamente lo sappiamo pronto ad essere fecondato e a produrre frutti.  In sintesi, efficienza ed elegante economia di risorse sono diventati, secondo il fondatore della neuroestetica, Semir Zeki, i requisiti primordiali dell’idea di bellezza in ogni campo, geneticamente fissati anche se disponibili alle influenze culturali e alle diversità individuali. Il senso del bello, insomma, avrebbe una funzione evolutiva analoga al senso del buono, che ci fa individuare e preferire i cibi a miglior rendimento energetico e fisiologico.  In sintesi, cioè, sembra proprio che ci piaccia ciò che è bello.

A una stessa parte della corteccia del nostro cervello che presiede alle emozioni e all’empatia, il lobo insulare, fanno capo infatti entrambe le sensazioni, che vengono tradotte in stimoli piacevoli molto simili, gratificanti e in parte sovrapponibili. Ne possiamo ricavare una ricetta antistress di comprovata efficacia: una visita ad una mostra d’arte, una passeggiata in montagna o una gita al mare si traducono in una scorpacciata di bellezza di grande effetto acquietante e rasserenante, come un pasto prelibato.

 

 

1 Matteo CERRI, L’estetica del cervello, su Mind n. 176, p.24, Le Scienze, Roma, 2019.

foto di Melissa Askew da unsplash.com